COMUNICATO NUMERO 1 - SIAMO FRAGILI


Siamo fragili. Moriamo quando ci è impossibile respirare, mangiare o bere. Ci estinguiamo se non riusciamo a riprodurci. E tuttavia non solo in questo siamo fragili, e non solo per questo moriamo. Quel che chiamiamo vita infatti non è mangiare bere e respirare. Chiamiamo vita gli affetti, i figli, la bellezza, gli amici, l’amore e la passione. Altresì il dolore e il sacrificio. Chiamiamo vita il sentire il pensare il sognare. Se apparteniamo al genere umano in quanto siamo vivi in tutti questi modi, ci uccide qualsiasi violenza che mutili il nostro essere. Noi, dunque, non vogliamo essere obbligati poiché l’obbligo ci fa violenza, ci mutila e ci uccide. Non vogliamo essere stuprati, poiché uno stupro ci uccide. Non vogliamo essere divisi dai nostri figli, poiché la separazione dai nostri figli ci uccide. Non vogliamo essere costretti a sottoporre i nostri figli a trattamenti educativi o sanitari che a nostro giudizio li mutilano, poiché vedere i nostri figli costretti e mutilati ci uccide. Non vogliamo essere terrorizzati poiché il terrore ci uccide. Noi non moriamo solo se ci si impedisce di respirare, mangiare e bere poiché noi non siamo organismi monocellulari, non una mera entità biologica.
La cultura del terrore nella quale siamo vissuti e che ci sta maturando intorno non ci appartiene. Noi preferiamo costruire una cultura del coraggio. Non vogliamo che la paura della morte divori tutta la nostra vita e vogliamo arrivare al passaggio finale con la possibilità di elaborarlo. Vogliamo essere in grado di farlo a modo nostro, senza consegnarci mani e piedi a una istituzione della quale non abbiamo alcuna fiducia. Vogliamo costruire una cultura che operi in modo da favorire la crescita del coraggio. Lo stiamo già facendo: noi non aspettiamo nessun cambiamento.
Abitiamo luoghi silenziosi, chiamiamo il silenzio profondità, noi vogliamo costruire una cultura della profondità. Lo stiamo già facendo. Ancora: noi non aspettiamo nessun cambiamento.
Scegliamo con cura il cibo che consumiamo e il modo di consumarlo, l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo. Rivolgiamo una attenzione precisa ai rifiuti che produciamo. Ma prima che una nuova coscienza ci innamora e richiama la potenza perduta dei nostri progenitori, dell’essere animale dal quale proveniamo, di ciò che era più prossimo al Dio e distante dall’ottusità vuota dei tribunali inquisitori degli uomini buoni solo a infliggere obblighi e pene. Noi crediamo in noi stessi, non in quello che si tenta di imporci.
Scegliamo con cura anche cosa portare con noi. I nostri bisogni li riconosciamo in autonomia e guardiamo con sospetto chiunque ci induca nuovi bisogni. Non desideriamo appesantirci né facilitarci con protesi avveniristiche siano esse mentali o fisiche. Noi conosciamo il nostro corpo e ci piace così com’è.
Noi vogliamo costruire una prossimità fisica con quanti sentono e perseguono quel che noi sentiamo e perseguiamo poiché siamo fragili, e il distanziamento sociale che la paura diffusa e la risposta politica alla richiesta della maggioranza impone, ci rende ancora più fragili. Noi vogliamo rispondere a questa fragilità diventando forti. E su questa strada rifiutiamo di cedere alla paura, ci prendiamo carico delle nostre vite, di quelle dei nostri figli dal momento in cui nascono a quando partono, e di quelle dei nostri amici e compagni.
Siamo fragili, ma siamo anche forti e vogliamo diventare sempre più forti.


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